31 Ottobre 2016 by Mondo2.0
Io Internet
Quando parliamo di Internet facciamo, spesso, riferimento al termine “rete“.
D’ altronde anche la definizione originale, anglofona, contiene i termini “inter” e “net“, esplicito riferimento all’essere tutti interconnessi.
I social network, sottolineiamo “network“, hanno permesso di costruire negli ultimi anni trame, relazioni tra persone, gruppi, istituzioni e, perché no, software.
Tutti interconnessi, tutti in rete, tutti che comunicano.
Eppure, a pensarci bene, Internet, sistema di interconnessione globale, che va ben oltre le frontiere, è la massima espressione dell’individualismo e del personalismo.
In questo breve articolo vi spiegheremo in modo semplice il perché di questo paradosso. Perché società reale e scienza informatica contribuiscono, in sincrono, a creare condizioni estremamente cyberpersonali per l’utente.
L’accesso ai social network, come ad esempio Facebook, avviene tramite credenziali, login e password, assegnate alla persona. Credenziali che l’individuo non condivide con altri. La conseguenza di questo accesso, personale e riservato, è nello spazio virtuale che ne consegue. Spazio che contiene i nostri commenti, i nostri mi piace, le nostre foto, ed è quindi proiezione diretta ed esclusiva di noi stessi.
La nostra popolarità in rete è conseguenza dell’azione e del pensiero personale.
Viceversa i casi in cui due persone, ad esempio marito e moglie, oppure fratello e sorella, condividono la stessa utenza Facebook o Instagram o Twitter, sono molto rari, evidenziano una comunanza di intenti fuori dal comune.
I social network fanno rete attorno al singolo individuo, al suo ego, sono strumenti estremamente personali, basati sull’uso delle proprie credenziali.
Gli smartphone non sono da meno, strumenti sempre a disposizione, ma del solo proprietario del telefono. In tasca, in borsa, nella giacca, forniscono la possibilità di cercare, leggere, acquistare, raccontare, fornire il proprio contributo o un entusiastico consenso. È molto raro che un dispositivo smartphone sia condiviso tra più persone.
Lo smartphone è il tramite tra la rete e la persona. Tra la quotidianità che la persona vive e la sua trasposizione in rete.
Con il nostro smartphone fotografiamo, riprendiamo e condividiamo.
Completamente concentrati su noi stessi, con l’obiettivo di condividere situazioni ed eventi in rete, in modo originale, abbiamo inventato il Selfie.
Il Selfie è la naturale espressione dell’individualismo in rete. Il Selfie racconta noi stessi, coglie l’attimo, pubblicizza l’io, lo “vetrinizza”.
Ma c’è di più, i motori di ricerca, i social network, i portali, i grandi store online, studiano con attenzione i nostri comportamenti, i nostri click. Condividono, in base ad accordi commerciali tutt’altro che trasparenti, cookies, ovvero informazioni sulla persona. Le proposte commerciali che ne conseguono, in rete, sono sempre più “ad personam“.
Messaggi commerciali che spesso ci raggiungono tramite email, posta personale, a cui accediamo tramite credenziali private, che solo noi conosciamo e che non condividiamo con nessun altro. La posta elettronica è un altro esempio di strumento estremamente personale.
Allo stesso tempo internet afferma straordinari “effetti collaterali”, divergenti, sempre legati al proprio io:
– La possibilità di creare, in rete, altre immagini del proprio sé, altri avatar. In internet si può essere chiunque, avere una diversa età, nome, sesso, estrazione sociale e istruzione. Il contesto, completamente virtuale, permette di creare duplicati di noi stessi, di essere qualcun altro. Questa “nuova persona” può avere una pagina Facebook, un indirizzo email, un numero di telefono tramite cui chattare, una estesa rete di amicizie virtuali.
Internet mette al centro la persona e la connette con gli altri. Trattandosi di un universo virtuale poco importa se questa è reale o frutto d’immaginazione.
– Il furto d’identità, di credenziali personali che permette, a tutti gli effetti, di essere qualcun altro. Di simulare conversazioni e comportamenti a nome di qualcun altro, di condividere globalmente contenuti personali. Di dileggiare, di confondere la comunità globale e quella reale. Un comportamento deviante perseguito dalla legge.
L’ossimoro, il paradosso che Internet esprime oggi può essere descritto con un ulteriore semplice duplice esempio.
– Un giovane adolescente, millenial, generazione Y, che si collega spesso ad internet, che interagisce tramite social e chat, può vivere intensamente la propria vita reale partecipare a feste, concerti, eventi, dibattiti e chiacchiere, essere alla moda.
– Un giovane adolescente che si collega spesso ad internet, distratto da quanto presente nei social e nelle chat, può vivere il contesto reale in modo parziale, in solitudine, da solo davanti ad uno schermo, grande o piccolo, di un computer, emarginato dagli altri.
Comunque la si voglia vedere Internet, il più grande strumento di comunicazione inventato dall’uomo, si basa sulla persona. Si nutre e, allo stesso tempo, alimenta l’ego personale dei cyberutenti che vivono in rete.
Io navigo, io scrivo, io mi fotografo e mi condivido, io mi sdoppio, mi nascondo oppure pubblico tutto di me,oppure qualcun altro lo fa a mio nome e a mia insaputa.
Io sono una persona. Io sono in Internet. Io Internet.
Mondoduepuntozero.