Cos’è 2.0? Cosa vuol dire essere 2.0?

Entriamo subito in un paradosso, prendiamo  spunto dallo stesso fenomeno 2.0 per meglio spiegarlo. Qualche giorno fa qualcuno ha cercato in rete il seguente testo “cosa vuol dire essere 2.0“, il motore di ricerca utilizzato ha proposto tra le innumerevoli alternative uno dei nostri articoli, probabilmente per la presenza nei tag  (parole più significative) di alcuni dei termini ricercati, l’utente in questione ha selezionato il nostro  articolo, il BLOG ha tracciato quest’operazione  e noi, una volta entrati nella sezione statistiche, ci  siamo accorti di quanto accaduto.

Non conosciamo  questa persona ma, rapidamente, siamo venuti a conoscenza di una sua specifica curiosità o necessità, per un attimo, forse solo per un attimo, ci siamo connessi.
Essere 2.0 vuol dire essere nel 21esimo secolo, essere connessi, non a caso questo millennio inizia per “20”,  un grande passo avanti rispetto al precedente “19”. Questo passo, questa grande differenza, non si percepisce quotidianamente, ne si afferma tramite cambiamenti “strutturali” “immediati” come una diversa redistribuzione sociale della ricchezza o del lavoro, o tramite nuovi modelli di conoscenza. Il 2.0 presente nel nostro “mondo” indica la presenza di nuovi sistemi di comunicazione, globali e veloci, personali e reciproci, in strettissima relazione tra di loro.
Il Mondo 2.0 o WordTwoDotZero (in english) è diretta conseguenza dei limiti insiti nel mondo reale.

Il mono campo di ricerca di Google è una evidente risposta alla burocrazia, ovunque presente, che ci costringe a compilare, dettagliare, documentare, rendicontare spesso senza offrire nessun valore aggiunto.

I social network e gli instant messenger (come WhatsApp) sono strumenti semplici aperti a tutti, disponibili ad accettare ogni contributo, sono la risposta ai media del precedente secolo,  radio e televisione, strumenti monocratici, completamente passivi. Rappresentano l’alternativa, la possibilità di comunicare , di condividere emozioni senza uscire di casa, senza l’obbligo di affrontare una società sempre meno sicura, accogliente, amichevole.

Lo smartworking è un nuovo modo di lavorare, di interagire, tramite meeting platform, chat, strumenti interattivi. sempre in rete. Anche in questo caso sempre da casa, in una sorta di isolamento virtuale.

Il “nuovo mondo“, espressione di questa prima parte di ventunesimo secolo, di quel 2.000 che essendo agli inizi è per ora “solo” 2.0, è connessa, veloce, semplice, partecipe ed estremamente poco riflessiva.

I nuovi protagonisti, tutti o quasi, erano semplicemente stanchi del modello precedente, stanchi di essere solo diligenti spettatori.

La rete è cassa  di risonanza di tutto ciò che in modo intangibile ci rappresenta: il nostro pensiero, la nostra attenzione, le nostre forme di espressione, la nostra coralità, le nostre emozioni.

Ci stiamo progressivamente spostando dal mondo reale, soffocato da elementi tangibili e selettivi,  verso un nuovo e più semplice mondo virtuale, aperto a tutti (o quasi).

Una fuga dalla realtà verso un mondo di facili pensieri, incorporeo, talvolta anche dozzinale, spesso eccessivo, ma sempre in grado di fornire nuove possibilità di socializzazione, di relazione,  di partecipazione sociale.

Nuove banalità globali sostituiscono ingessati, esclusivi ed imperscrutabili centri di conoscenza e forse di potere. Nuove eteree (spesso temporanee) amicizie diventano sintetiche antagoniste del prendersi per mano.

Nuovi mestieri digitali e nuovi modi di essere popolari e influencer sovvertono gli equilibri sociali, ruoli e status.

Non a caso chi è nato in questo secolo, la cui data di nascita inizia per 2 e 0,  riesce a cogliere al meglio lo spirito e le dinamiche virtuali di questo nuovo palcoscenico, proprio perché privo delle antecedenti barocche infrastrutture, spesso espressione della società “1.9”, moderna e postmoderna.

Essere 2.0 o due punto zero che dir si voglia significa vivere nel terzo millennio, significa non avere pazienza, significa vivere utilizzando quotidianamente internet, compulsivamente, molte volte al giorno, significa clikkare, postare, twittare, visualizzare, feedare, taggare,  navigare, selezionare, cercare, commentare, …

La società del “troppo” sta lasciando il passo alla società del “subito“, si tratta di un enorme cambiamento, non di un “passo in avanti” ma di un “grande passo” in una diversa e alternativa direzione, le cui infinite peculiarità saranno progressivamente analizzate in questo blog.

Di una cosa siamo certi, e lo ripetiamo in quasi tutti gli articoli “2.0”,  siamo solo agli inizi.

Mondoduepuntozero