Internet nei paesi poveri

Il sito “Internet live stats” fornisce statistiche ad “alto impatto visivo”, numeri numeri numeri, in continua crescita, che esprimono l’incredibile trend in termini di utenza, interessi, servizi,  emozioni presente in rete.
La nostra attenzione va immediatamente sul primo numero, “Internet Users in the world“, un contatore frenetico che, ad oggi, indica tre miliardi e novantasei milioni di utenti.

Questo numero spiega, più di ogni congettura, l’impatto della rete nella nostra società e nelle nostre vite.

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Anche il più anti-tecnologico detrattore di internet deve ammettere l’evidenza, il cambio epocale che stiamo vivendo, è a tutti gli effetti terminata l’era postmoderna, siamo nell’ “era del web” o “era webmoderna” caratterizzata da nuove modalità relazionali e sociali di tipo virtuale.
Il grafico successivo ci permette di intuire la progressione di tale fenomeno e la sua inevitabilità: primo miliardo di utenti nel 2005, secondo miliardo nel 2010, terzo miliardo nel 2014.

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Anche gli altri indici statistici sull’uso della rete sono altrettanto significativi ed impressionanti, 900 milioni di siti web, 190 miliardi di email inviate quest’oggi (ecco perché la nostra casella di posta elettronica è sempre intasata!!!), oltre tre miliardi di ricerche google effettuate in data odierna…
Ma non tutti i paesi sono uguali, l’utilizzo di internet segue dinamiche diverse da paese a paese, da continente a continente, trattandosi di un “contesto sociale parallelo” il suo uso è profondamente legato al mondo reale, al contesto ed alle condizioni economiche e sociali.

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Da questo grafico, ad esempio,  si evince come solo il 9,8% dei cyberutenti proviene dal continente africano.
Il digital divide, sino ad oggi analizzato al fine di evidenziare il divario nell’utilizzo e nella percezione di internet tra le generazioni nello stesso paese, risulta ancora più evidente se si confrontano nazioni industrializzate e paesi con un basso livello di industrializzazione.

Ma quali sono i paesi che utilizzano di meno internet? E cosa hanno in comune?

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Si tratta essenzialmente di paesi molto poveri in cui non sono presenti infrastrutture, di conseguenza è assente la possibilità di raggiungere la rete, a questo dobbiamo sommare un basso livello di alfabetizzazione informatica, intesa come capacità di percepire ed utilizzare le tecnologie, ed anche di alfabetizzazione vera e propria, quindi di competenze indispensabili per comunicare in rete.

Purtroppo in alcuni di questi paesi la condizione femminile è  tutt’altro che paritaria, dobbiamo ammettere quindi, cinicamente, che  in un sol colpo perdiamo più della metà dei potenziali cyberutenti: difficile per una donna accedere alla rete ed effettuare ricerche in totale libertà su un personal computer o tanto meno possedere uno smartphone.

Sono inoltre spesso assenti istituzioni e persone che operano come mediatori culturali: scuole, biblioteche, musei, associazioni volontarie: persone in grado di incentivare la lettura, lo studio o la ricerca e quindi anche l’accesso in rete, anche in modo totalmente gratuito.
Ovviamente tutti questi fattori sono in subordine alla  povertà, dove non c’è cibo, non c’è assistenza medica e uno stato sociale che non garantisce il rispetto per le persone la rete diventa uno strumento, uno spazio,  pressoché irrilevante.

Non sembra, da un’analisi complessiva di queste statistiche, che la forma di governo incida in modo decisivo, gli oltre 600 milioni di cinesi (trend crescente del 4%) ed il 9% di crescita in paesi come la Siria e la Libia sembrano confermare questa nostra ipotesi: i paesi “diversamente” democratici sono riusciti, sino ad oggi,  ad arginare solo parzialmente la rete, tranne rare eccezioni totalitarie.

Fermo restando tutto ciò la percentuale di utenti, nella hit dei 20 paesi che non utilizzano internet, variano tra l’uno  e il 2 percento della popolazione, una quota praticamente nulla.

È corretto evidenziare ulteriori elementi, in questo caso di carattere sociale (e, talvolta, positivo): l’assenza di un modello urbano complesso, la presenza di un modello rurale, semplice, caratterizzato da meno obblighi e meno “ritmo” (quindi da maggiore tempo a disposizione), nuclei familiari numerosi che, spesso, vivono gli stessi spazi. Tutti elementi che favoriscono rapporti interpersonali reali e non  il fabbisogno di relazioni virtuali: se  nel nostro villaggio noi tutti ci conosciamo e frequentiamo non abbiamo bisogno di un network sociale, preferiamo sorriderci che scambiarci faccette sorridenti.

Eppure il trend, anche in questi paesi, è in forte crescita, attorno al 15%, essenzialmente per la diffusione degli smartphone, strumenti per comunicare ma anche per andare in rete.

Il forte trend di crescita mostra come i paesi più poveri stanno progressivamente riducendo questo divario, assimilando internet, a ritmi annui molto significativi (15% annuo), francamente vista l’assenza di infrastrutture e di istituzioni sociali non sappiamo se questo processo continuerà negli anni a venire.

E l’ Italia? ancora una volta il nostro paese si dimostra ricco di contraddizioni, il digital divide c’è ed è ben evidente ,  abbiamo il 59.92% di utenza ed una crescita annua del 2%, persone che non possono fare a meno di collegarsi e persone che non hanno nessuna intenzione di farlo.

Una cyberutenza dieci punti percentuali al di sotto di paesi come Libano e Lituania, venti punti percentuali al di sotto di Bulgaria e Slovacchia, trenta punti percentuali al di sotto di Qatar e Emirati Arabi… Numeri su cui riflettere, determinati, forse, dalla  nostra grande capacità di socializzare e di comunicare di persona, ma anche dalla  carenza di infrastrutture e da un analfabetismo informatico spesso sorretto da pregiudizi  nei confronti della tecnologia.

Concludendo, il nostro mondo, se lo vediamo in termini di accesso ad internet,  è sostanzialmente diviso in due grandi metà, tre miliardi di persone, un numero in crescita, utilizzano internet, il resto non sa, non può o non vuole andare su internet o, semplicemente, ha meglio da fare nel mondo reale.

Riteniamo estremamente importante questa diversità, è fondamentale che questo processo di virtualizzazione globale sia disomogeneo, multiforme e personale e che avvenga nel pieno rispetto di identità e di tradizioni locali.

Mondoduepuntozero

Nel ringraziare “Internet Live Stats” per le statistiche,  oggetto di analisi,  pubblicate in rete, ricordiamo che Mondoduepuntozero è solo un gioco, una passeggiata da fare assieme in rete, non ha nessun fine commerciale.

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