Il diritto all’oblio su internet: un tema complesso

Il concetto di “diritto all’oblio” precede la diffusione di internet, si tratta di un principio sostenuto da elementi di diritto il cui fine è difendere l’onore della persona evitando la diffusione di dati personali, in particolare relativamente ai precedenti giudiziari della persona.

Se siete dotati di spirito di approfondimento vi invito a leggere quanto scritto relativamente al “Diritto all’oblio” in Wikipedia, ritengo questa pagina web ben costruita e particolarmente esaustiva, un buon esempio di “cultura in rete” ovvero di una sintetica e fluida esposizione di concetti pubblicata  su internet.

La legge proposta nel 2012 da Viviane Reding, Commissaria UE per la Giustizia e i Diritti fondamentali determinerà,  entro il 2015, una revisione dei principi di tutela della privacy per i cyberutenti. Come descritto nella pagina prima citata (Wikipedia) si  tratta di un importante passaggio dalla regola “opt-out” in cui i dati dell’utente, a meno di una sua esplicita richiesta, appartengono al fornitore, alla regola del “opt-in” in cui l’utente è proprietario dei suoi dati.

In piena coerenza con tale linea nel 2014 la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha riconosciuto  il diritto di un cittadino europeo ad ottenere la rimozione dai risultati di ricerca (in internet) di informazioni “inadeguate, irrilevanti o non più pertinenti, o eccessive” riguardanti la sua persona e ha di fatto avviato  l’applicazione anche in rete di tale norma di diritto.
In pochi mesi, in rete,  molto si è scritto sulla possibilità di richiedere il diritto all’oblio ed è forse necessario fare ordine su questo delicato e allo stesso tempo complesso argomento.

Un normale cittadino, una persona,  non può chiedere di essere “rimosso” da internet,  non esistono sistemi automatici al fine di cancellare tutti i riferimenti personali presenti in rete.

Il  cyberspazio è  caratterizzato da molteplici contenuti “morfologicamente” diversi:

  •  contenuti “statici”:  pagine redazionali, articoli, wiki, blog,  contenuti provenienti da banche dati pubblicate nel web in genere raggiungibili tramite in link (indirizzo) permanente.
  • contenuti  “occasionali”: post, tweet, commenti, giudizi, pillole “social” pubblicate dall’immenso pubblico della rete tramite social network, chat o strumenti analoghi.
  • contenuti multimediali: ad oggi  si tratta di audio e video ma con “contaminazioni” di Augmented Reality e di 3D.

Internet compone e miscela contenuti descrittivi, redazionali con contenuti spontanei  e multimediali generando giornalmente una quantità immensa di materiale e quindi di entropia.

Vista la capillarità del cyberspazio ritengo, almeno ad oggi, dal punto di vista tecnico l’azione di “protezione” dell’utente estremamente difficile da attuare. Internet non è un media ma una vera e propria dimensione, uno spazio: la sua magmaticità, i due miliardi (in crescita) di utenti, il suo essere un sistema chiuso e autopoietico in grado di evolvere in base agli stimoli provenienti dal mondo reale rendono impossibile qualsiasi ipotesi di tutela e/o cancellazione totale di informazioni.

Dopo questa (doppia) premessa entriamo nello specifico.

Secondo quanto fissato dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea il cittadino deve poter segnalare ai motori di ricerca la violazione dell’onore della sua persona, conseguentemente il motore di ricerca a cui perviene questa segnalazione deve evitare di proporre la/le pagine web segnalate a seguito di una ricerca.

Quindi le pagine web (le sole pagine “statiche”) che effettuano la violazione non sono eliminate e restano disponibili in internet, a meno che le istituzioni non procedano con l’offuscazione dell’intero sito, cosa piuttosto complessa in ambito transnazionale. Praticamente impossibile altresì intervenire sui commenti “occasionali” prima citati e nel materiale multimediale, contenuti troppo dinamici per essere individuati e isolati dalla rete, se non parzialmente.

I due motori di ricerca che ad oggi hanno recepito tale direttiva, Google e Bing, non propongono il contenuto segnalato di fatto oscurandolo nelle ricerche effettuate da milioni di utenti europei.

L’azione di protezione si limita però ai soli motori di ricerca, l’informazione è ancora presente in rete e se qualcuno veicola la pagina web diffondendo l’indirizzo verbalmente, in un video, in una newsletter, in una email, in un sito, l‘informazione continua ad essere oggetto di visualizzazione e di interesse.

Inoltre si sta affermando recentemente uno “strano” effetto collaterale, sono apparsi in internet siti il cui fine è diffondere queste pagine nascoste, è il caso del sito “Hidden From Google” che propone in bella evidenza le liste delle pagine web oscurate dai motori di ricerca.

Questo sito determina due interessanti paradossi.

Il primo è che siccome sono disponibili moltissimi articoli che lo pubblicizzano, almeno ad oggi, l’applicazione in rete del diritto all’oblio ha amplificato e non ridotto o azzerato la visione di queste pagine.
Il secondo interessante paradosso è che il sito “Hidden From google” è ricercabile da google e quindi facilmente raggiungibile dall’utenza.
Per usare un paragone non tecnico abbiamo messo la polvere sotto il tappeto e poi appeso alla porta un cartello con scritto “guarda sotto al tappeto!“.

È bene inoltre precisare che l’applicazione del diritto all’oblio non risolve in alcun modo casi complessi come ad esempio il furto digitale dell’identità, fenomeno sempre più frequente in rete non solo come atto finalizzato a delinquere ma, in moltissimi casi, come possibilità per adolescenti “nativi digitali” di impersonare a fini personali/sentimentali/emotivi qualcun altro dotato di maggiore appeal o di altre precise caratteristiche di successo.
È giusto evidenziare inoltre che l’offuscazione di contenuti da parte dei motori di ricerca non deve sovrapporsi con il diritto all’informazione. Internet è un sistema ad accesso libero, partecipativo, sociale,  è necessario che mantenga queste caratteristiche proprio al fine di bilanciare alcuni comportamenti presenti nel nostro mondo reale e nei nostri media.

Ciò vuol dire, ad esempio, che se una notizia ha un riferimento esplicito ad un soggetto nella cronaca giudiziaria questa  continuerà a comparire in caso di ricerca su Google o su Bing anche se i protagonisti ne richiederanno l’oblio. Ci sono ovviamente sovrapposizioni tra “diritto all’informazione” e “diritto all’oblio” è il caso ad esempio delle condanne penali.

Quindi riassumendo le azioni finalizzate all’esclusione (all’oblio) hanno numerosi limiti:

  • non trattano materiale dinamico ed occasionale, social e multimediale, postato e tweetato velocemente in rete,
  • non eliminano fisicamente la pagina ma ne limitano la rintracciabilità tramite motori di ricerca. Posso rintracciare la pagina, sempre attiva, in altro modo.
  • non tutti i motori di ricerca effettuano quest’azione di protezione, per ora solo Google e Bing.
  • l’azione avviene solo sulla versione europea dei motori di ricerca, gli stessi contenuti sono ricercabili tramite l’indirizzo “.com” di Google.
  • non riguardano contenuti di cronaca o simili

Il diritto all’oblio non è quindi la possibilità di essere esclusi da internet.

Inoltre, come già detto,  la azione di rimozione dai soli motori di ricerca di riferimenti personali presenti in articoli/pagine web sta, almeno nel breve periodo, aumentando l’interesse da parte dei cyberutenti  proprio verso questi contenuti.

Ciò nonostante fonti recenti danno le richieste di diritto all’oblio in costante aumento, un fenomeno che sarà interessante monitorare nel prossimo decennio. Forse una maggiore richiesta determinerà nuove regole, effettivamente “oscuranti”, da applicare in rete.

Il rispetto della persona, della sua privacy, della sua storia personale, il suo diritto alla proprietà delle informazioni che lo riguardano, la possibilità di difendersi dalla pubblicazione di informazioni non corrette o mendaci, sono elementi indispensabili della nostra società, reale e virtuale.

Dobbiamo però ricordarci che la rete è divenuta social e globale in meno di un decennio, che gli smartphone con “internet alla mano” si sono diffusi su scala planetaria da circa due anni, che il pubblico della rete è abituato a commentare, raccontare, giudicare senza freni.

E’ necessario quindi raggiungere, dal punto di vista normativo, social, tecnico, una fase più matura di internet,  definire strumenti e dinamiche d’uso più rispettose della persona. Allo stesso tempo non bisogna in alcun modo minare le due principali caratteristiche di internet che lo hanno reso così competitivo rispetto al “mondo reale”: la liberta di accesso ed il suo essere strumento plurale e sociale.

Internet ha rotto l’impasse, storica, tra media/istituzioni e pubblico creando nuovi legami e nuove dinamiche d’uso e di partecipazione.
Nel futuro prossimo è necessario trovare un nuovo equilibrio tra rispetto della persona e libertà d’informazione.

Mondoduepuntozero

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