11 Agosto 2016 by Mondo2.0
Mondo multimediale
Partiamo dai numeri. Nel febbraio 2014 gli utenti di WhatsApp scambiavano in un mese all’incirca 600 milioni di immagini. Lo stesso mese, due anni dopo, le immagini scambiate sono diventate 1.600 milioni, precisamente un miliardo al mese in più. Nello stesso arco temporale, due anni, i video messaggi sono passati da 100 milioni a 250 milioni (fonte Statista).
YouTube, il contenitore multimediale della conoscenza, riceve nel 2016 all’incirca 300 ore di video ogni secondo. Il rapporto tra il tempo effettivo, reale, e il tempo digitale conservato è di 1 ad oltre un milione (fonte Brandwatch).
Conserviamo un milione di copie di ogni secondo che viviamo su questo pianeta.
Su Facebook vengono fruite oltre 100 milioni di ore di video ogni giorno (fonte Techcrunch). Sempre su Facebook altrettanto significative le statistiche sul numero di upload (caricamenti) di immagini, pur incerte, variano a seconda della fonte, tra 300 milioni e 80 milioni di photo upload al giorno.
Comunque molte.
Senza considerare Instagram, il social network che si basa proprio sulla condivisione di immagini e video, nel febbraio 2013 aveva all’incirca 100 milioni di utenti attivi mensilmente, oggi, poco più di tre anni dopo, ha 500 milioni di utenti attivi su base mensile (fonte Statista).
Milioni di cyberutenti posizionano in internet foto (o video) con eventi o fatti che hanno caratterizzato la propria giornata.
Nell’ultimo decennio abbiamo creato uno sconfinato spazio digitale dove chiunque può posizionare immagini, video e audio. Server dopo server, disco dopo disco, rack dopo rack stiamo assemblando un “Mondo multimediale“.
Gli smartphone sono le chiavi d’accesso a questo nuovo mondo. Il telefono non serve solo per chiamare, offre molteplici servizi, in rete, primo tra tutti la possibilità di riprendere, fotografare e condividere. Immediatamente.
L’acquisto di uno smartphone non può prescindere dalla qualità della fotocamera, aspetto decisivo, secondo solo alle dimensioni e alla risoluzione del video.
Il nostro rapporto con lo smartphone e con la rete è sempre più simbiotico e multimediale.
È cambiata, per molti di noi, non solo giovanissimi, la modalità con cui ci relazioniamo ad un evento, lo viviamo ma, sempre più spesso, tentiamo di riprenderlo per condividerlo. Siamo costantemente alla ricerca del consenso.
L’uomo qualunque vive, nel ventunesimo secolo, una significativa e quotidiana esposizione mediatica. Esposizione che, nel passato recente, riguardava solo personaggi pubblici e vip. Ciò fa nascere, e crescere di giorno in giorno, il bisogno di essere popolari, di essere apprezzati, citati, nella propria comunità reale e virtuale.
Sempre più spesso il successo personale va di pari passo con la popolarità acquisita in rete. Popolarità che porta con sé l’obbligo di esporsi multi-mediaticamente. Tramite video, fotografie, messaggi audio. Guardiamo ciò che ci circonda da una nuova prospettiva, mentre viviamo l’attimo lo valutiamo al fine di condividerlo con i nostri amici e follower, in funzione della nostra popolarità.
Pubblichiamo ciò che facciamo e, talvolta, lo facciamo solo per pubblicarlo.
È aumentata a dismisura, è questo è spesso un bene, la condivisione di eventi, fatti, news. La cronaca giornalistica ha ripensato il proprio modello di comunicazione, in tempo reale, sempre più basato sul materiale multimediale prodotto dal cittadino qualunque.
L’informazione multimediale, illimitata, veloce, proviene, sempre più, dal basso.
Come ogni grande cambiamento che coinvolge l’intera società, il “Mondo multimediale” porta con sé anche importanti effetti negativi.
La capacità di vivere appieno il mondo reale, in continuità e sfruttando i propri sensi, sta venendo in parte meno, condizionata dall’obbligo e dalla frenesia di condividere immediatamente, di essere popolari, di tenere traccia, di memorizzare, di offrire.
Ma c’è di peggio.
Il dibattito, nato in questi giorni, sulla relazione tra gli atti di terrorismo e di folle violenza e la necessità degli autori di raggiungere una immediata popolarità globale è più che opportuno. La ricerca di popolarità è un fenomeno virale, che coinvolge tutti, menti labili e terroristi compresi. L’eco dovuto alla cronaca e al dolore che segue per giorni un tragico evento è il punto di arrivo di un folle progetto di esposizione multimediale, di ricerca di un palcoscenico dove esporsi. La ricerca della popolarità multimediale attraverso il dolore rappresenta, purtroppo, il vero minimo comun denominatore dei drammatici eventi degli ultimi mesi.
Torniamo a noi, alle nostre conclusioni. Il “Mondo multimediale” ci distrae, spesso l’immagine reale raggiunge il nostro sguardo tramite una lente, tramite il video del nostro smartphone e non in modo diretto. Allo stesso tempo comunichiamo sempre di più, tramite la rete, con sempre più persone, preferiamo condividere immagini e filmati video piuttosto che testi. Materiale immediato da realizzare, esaustivo, ad alta definizione o risoluzione.
Siamo i video-maker delle nostre vite.
Siamo sempre più ciò che condividiamo.
Siamo sempre più multimediali.
Mondoduepuntozero