24 Agosto 2025 by Mondo2.0
Dal linguaggio dell’odio alla mediazione dell’A.I.: un percorso possibile?
Quando ho iniziato a scrivere questo blog, mi aspettavo dai social media un contesto comunicativo completamente diverso. Non avrei mai immaginato che, quindici anni dopo, la Rete sarebbe stata popolata da così tanti “odiatori” seriali: individui immediatamente pronti ad alzare i toni, offendere e istigare alla violenza verbale.
Questa “disinibizione digitale” trova le sue radici sociologiche in diversi fattori strutturali. La distanza fisica tra gli interlocutori crea quello che i sociologi definiscono “effetto schermo“: una barriera sociale che attenua il controllo sociale tipico delle interazioni faccia a faccia. Il potenziale anonimato e l’utilizzo di false identità rappresentano ulteriori fattori di de-responsabilizzazione, generando un senso di immunità che, seppur spesso illusorio, riduce significativamente la percezione delle conseguenze sociali per ciò che viene condiviso tramite Internet.
I social media, nella loro architettura attuale, tendono inoltre a polarizzare argomenti e conversazioni attraverso meccanismi algoritmici che premiano l’engagement emotivo. Questo sistema non solo alza sistematicamente il tono del dibattito pubblico, ma crea anche dinamiche di tribalizzazione digitale: si formano fazioni che si auto-alimentano, amplificando e diffondendo rapidamente le reazioni emotive più intense.
Gli hashtag, cavalcati anche da figure pubbliche come politici, giornalisti, personaggi dello spettacolo e persino educatori, fungono da catalizzatori di energie collettive. Si creano così “camere dell’eco” dove opinioni estreme vengono normalizzate e percepite come condivise dalla maggioranza, rafforzando ulteriormente i comportamenti aggressivi attraverso un processo di legittimazione sociale distorta.
Internet si è progressivamente trasformato da strumento di comunicazione orizzontale e creatività collettiva in una sorta di valvola di sfogo collettiva per frustrazioni accumulate in diversi ambiti dell’esistenza: personale, lavorativa, politica e sociale.
In questa dinamica, notizie, post, video e immagini diventano mere occasioni pretestuali per esprimere emozioni che hanno origini completamente diverse dal contenuto che scatena la reazione. Si assiste così a quello che potremmo definire un “trasferimento emotivo digitale”, dove i conflitti della vita offline vengono proiettati nella dimensione virtuale.
Inoltre, l’aggressività in Rete rappresenta, a sua volta, una forma particolare di digital divide: nelle risposte eccessive e immediate si manifesta spesso un’assoluta incapacità di comprendere le conseguenze sociali e temporali dei propri atti comunicativi.
I contenuti digitali, infatti, possiedono caratteristiche ontologiche radicalmente diverse dalla comunicazione tradizionale: permanenza nel tempo, replicabilità infinita, tracciabilità. Un singolo post può essere documentato, condiviso migliaia di volte e riemergere in contesti completamente diversi, generando conseguenze sociali, professionali e personali imprevedibili, talvolta durature.
Senza cadere in allarmismi ritengo giusto evidenziare come, in una società caratterizzata da crescente esposizione pubblica dell’individuo e da toni comunicativi sistematicamente aggressivi, non si può escludere che alcuni fenomeni di violenza fisica siano anche il risultato di processi di desensibilizzazione e normalizzazione dell’aggressività iniziati nel digitale.
Possiamo invertire questa tendenza?
Negli articoli precedenti ho descritto gli agenti conversazionali basati sull’intelligenza artificiale come sistemi che elaborano l’informazione in modo radicalmente diverso da quello umano. Coerentemente con questa premessa, mi interrogo se l’introduzione massiccia di agenti conversazionali “cortesi” possa gradualmente orientare gli utilizzatori dei social media verso un utilizzo più equilibrato e socialmente costruttivo.
A sostegno di questa mia ipotesi porto tre possibili dinamiche:
- Modeling comportamentale: Gli agenti conversazionali cortesi potrebbero fungere da modelli normativi di interazione digitale. Il principio dell’apprendimento sociale per imitazione, suggerirebbe che l’esposizione costante a pattern comunicativi educati potrebbe influenzare inconsciamente i comportamenti degli utenti umani.
- Normalizzazione della cortesia: La presenza pervasiva di AI cortesi potrebbe contribuire a ristabilire standard comunicativi più elevati nell’ambiente digitale, rendendo i messaggi d’odio devianti rispetto alla norma sociale emergente.
- Mediazione emotiva: Gli agenti conversazionali potrebbero assumere il ruolo di “cuscinetti” emotivi, offrendo canali alternativi per l’elaborazione delle frustrazioni prima che si trasformino in aggressività diretta verso altri esseri umani.
Tuttavia, esistono importanti limitazioni a questa ipotesi. I messaggi d’odio spesso originano da dinamiche sociopsicologiche profonde: processi di costruzione identitaria di gruppo, meccanismi di ricerca del capro espiatorio, frustrazioni derivanti da disuguaglianze socioeconomiche. Questi fenomeni richiedono interventi sistemici che un’AI cortese, da sola, non può ovviamente fornire.
Inoltre, si potrebbe generare un paradosso sociologico: la creazione di una biforcazione comportamentale tra chi sviluppa interazioni civilizzate con le A.I. e chi, proprio in reazione a questa “artificialità” percepita, intensifica comportamenti provocatori e trasgressivi verso gli esseri umani, in una sorta di resistenza alla “normalizzazione artificiale”, a un “eccesso di disponibilità e cortesia da parte dei servizi di A.I.”.
Nonostante ciò mi ritengo ad oggi ancora ottimista, l’apprendimento per imitazione rimane un meccanismo sociologico fondamentale, quello stesso che ha alimentato l’attuale deriva emotiva presente in Rete.
È importante riconoscere che siamo tutti parte della prima generazione di utenti digitali nativi: stiamo praticando un processo di auto-apprendimento collettivo senza precedenti storici; le generazioni future, cresciute con una maggiore consapevolezza delle implicazioni sociali e professionali che conseguono a una comunicazione in Rete, potrebbero sviluppare naturalmente competenze socio-digitali più sane ed equilibrate.
L’intelligenza artificiale potrà certamente contribuire a questo processo evolutivo, ma il suo effetto sarà probabilmente graduale e differenziato: più efficace sui comportamenti impulsivi che su quelli ideologicamente motivati o strutturalmente radicati.
Nel frattempo, invito i lettori a non perdere mai la bussola in Rete, a resistere alle provocazioni e a mantenere un approccio comprensivo e costruttivo nelle interazioni digitali.
Abbiamo a disposizione strumenti di comunicazione senza precedenti nella storia umana: utilizziamoli con la responsabilità sociale che meritano.
Mondoduepuntozero