Quanto è reale internet?

C’è una domanda che mi sto ponendo da un po’… la rete rappresenta un universo tangibile? Quanto è reale internet ? È possibile vivere relazioni sociali ed emozioni in un ambiente così asettico, dove non ci si può toccare e, spesso, neanche vedere o sentire?

È possibile trasferire parte di noi stessi all’interno di un mondo virtuale, forzatamente chiuso, lasciando fuori la nostra componente materiale, il nostro corpo?

Forse la differenza tra la nuova rete, la rete 2.0, e quanto proposto in rete nel (precedente) ventesimo secolo è proprio nella risposta a questa domanda cioè nella maggiore partecipazione degli utenti , la trasposizione in rete del proprio sè: i cybernauti.

È soprattutto cambiato il tipo di esperienza che l’utente può vivere, gli strumenti informatici di oggi sono “sociali” finalizzati alla condivisione di contenuti ed emozioni verso il maggior numero possibile di persone.

Un ottica completamente rovesciata rispetto a siti e programmi della “precedente generazione” tutti basati su una concezione iperindividualistica dell’utente, che poteva fare un po’ di tutto ma sempre da solo, o comunque sempre posizionando al centro di tutto il suo ego.

La svolta è arrivata quando la rete ha cominciato a collegare velocemente le persone, che hanno “fatto rete“.

La rete dei monologhi, degli articoli su due colonne, simili alla carta stampata, delle parole in codice e degli acronimi informatici, delle “stonepages” che non variavano mai e che non accettavano il dibattito, ha lasciato il passo alla nuova rete fatta di post, tweet, link, video, foto, …

Il computer è passato in pochi anni da essere causa di isolamento, da fattore che riduce la capacità relazionale, ad elemento che amplifica” le relazioni personali, riducendo sempre di più il confine tra pubblico e privato.

Non a caso il telefono cellulare, massima espressione della comunicazione, si è rapidamente integrato con la rete, con le sue trame, i suoi servizi.

Il sociologo William Thomas diceva, in quello che viene ricordato come il “teorema di Thomas“:”If people define networks as real, they are real in their consequences” ovvero “Se gli uomini definiscono certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze“.

Internet rappresenta una dimensione complementare al mondo reale, non alternativa , un’ulteriore strada da percorrere nel nostro viaggio.

Quando siamo in Internet non siamo allo specchio, siamo in un’altra stanza.

Non posso non citare il sociologo americano Erving Goffmann che, suppongo per primo, ha paragonato la nostra vita ad una rappresentazione teatrale dove, nel nostro caso, internet rappresenta un ulteriore scenario dove possiamo esibirci.

La rete è il nostro nuovo immenso palco, dove possiamo esibirci ed essere allo stesso tempo pubblico.

Più aumentano le persone che in rete espongono le proprie fotografie, le proprie emozioni, più le trame amicali si estendono, più internet diventa un mondo credibile e quindi, a suo modo, reale.

L’utilizzo crescente dei nostri sensi: la vista stimolata dalla crescente quantità di materiale multimediale presente in rete (webcam, video, fotografie) e, recentemente il tatto, per ora solo funzionale a migliorare la nostra reattività tramite smartphone e tablet, evidenziano una presenza non solo emotiva del cybernauta in rete.

La nostra società sta cambiando, sta passando da un modello di produzione, accumulazione e comunicazione individuale e ad un modello sociale collettivo, fondato sulla trama di relazioni in rete e sull’esposizione costante del proprio contributo e della propria opinione, una sorta di nuova “Gemeinschaft“.

Robert K. Merton affermava che una supposizione o una profezia, enunciata e condivisa con convinzione ha una notevole possibilità di compiersi. E’ ciò che sta avvenendo, si sta determinando un moto circolare in cui la convinzione e la partecipazione di un grande numero di persone sta influenzando il corso degli eventi.

Il mio auspicio, la mia profezia, è che questo nuovo modello sociale emergente, spinto anche dalle dinamiche relazionali nate in rete, riesca a recuperare il senso collettivo, il senso di comunità che la società moderna, urbanizzata, industrializzata, ha in buona parte smarrito.

“persons must sense that they are close enough to be percieved in whatever they are doing, including their experiencing of others and close enough to be percieved in this sensing of being percieved” [Erving Goffmann 1963:8]

Mondoduepuntozero

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