1 Aprile 2024 by Mondo2.0
Lo “strano caso” degli studenti universitari sospesi. Ma quanto ci spaventa questa A.I.?
Si è improvvisamente acceso il dibattito sull’utilizzo da parte degli studenti universitari degli strumenti di A.I. dopo che in Svezia 82 studenti sono stati sospesi. Ancora una volta invece che approfondire, interpretare, questa nuova generazione di servizi si sono venute a creare, in Internet e nei media tradizionali, tifoserie di tipo calcistico, a favore e contro. Non conosco in dettaglio il caso degli 82 studenti svedesi, non posso giudicarlo o entrare in merito, ma posso indirizzarvi su cosa è veramente l’A.I. e che impatto stanno avendo questi servizi, oggi, nella nostra società.
Per spiegare il rapporto tra studenti, non solo universitari, e chatbot conversazionali devo fare un breve passo indietro. È necessario spiegare a voi, cari lettori, alcuni elementi che sostengono la “digital transformation” di cui tutti quanti parliamo e di cui utilizziamo pedissequamente l’hashtag:
- C’ è un tempo T0 (t zero) in cui uno o più elementi o servizi innovativi soppiantano improvvisamente i precedenti, rendendoli immediatamente obsoleti, o comunque obsoleti in un breve periodo. È stato così con gli SMS sostituiti dalle chat, dai FAX soppiantati dalle e-mail, dai CD e DVD annullati dallo streaming. Sta succedendo in modo progressivo ma altrettanto inevitabile con i quotidiani cartacei i cui lettori si stanno estinguendo e con la moneta cartacea progressivamente sostituita dalle transazioni digitali. Questo tipo di cambiamenti massivi, globali, coinvolgono tutti spesso in breve arco di tempo, anche quella parte di popolazione che preferisce, è affezionata o comprende solo la modalità d’uso precedente. Un altro esempio? Non vi piace SPID il sistema pubblico di identità digitale? Fatevene una ragione, dovete usare SPID.
Questo tempo “T0” è avvenuto qualche mese fa, per gli studenti universitari e delle superiori, che hanno imparato ad usare ChatGPT, Gemini, Microsoft Copilot, … agenti conversazionali a cui porre quesiti, anche complessi, ed ottenere risposte altrettanto complete. Per 82 studenti sorpresi a fare i compiti tramite A.I. ce ne sono milioni che stanno utilizzando questi servizi, anche ora, mentre leggete quest’articolo, in ogni parte del pianeta e in ogni lingua. - Le Aziende stanno incentivando l’utilizzo di questi strumenti di comunicazione, per generare informazioni e contenuti per la clientela, per migliorare i propri servizi ed i tempi di risposta. Uno studente che al termine del proprio percorso universitario non ha dimestichezza con agenti conversazionali digitali avrà un divario da colmare, un “digital divide”. Un professionista della comunicazione, una persona che spiega ed eroga servizi chiederà sempre più spesso nel prossimo lustro aiuto ad un agente conversazionale, migliorerà così il modo di esporre una problematica o di descrivere una soluzione o un evento. Anche un professore, per organizzare al meglio la sua lezione o la sua ricerca, chiederà consiglio ad un servizio di A.I. .
- La figura professionale denominata “prompt manager”, a cui qualche mese fa ho dedicato un articolo svolgerà un ruolo determinante nell’addestramento e nel rinforzo di questa A.I.. Le nuove generazioni saranno responsabili di indirizzare il comportamento dei servizi di intelligenza artificiale, di garantire il rispetto della normativa vigente e dei diritti del singolo utilizzatore, compiti di grande responsabilità che richiedono conoscenza degli strumenti e delle tecniche di interazione.
Per questo motivo sono completamente d’accordo con Jacob Farnert, presidente dell’Unione nazionale svedese degli studenti, che, in un intervista, ha evidenziato come questi nuovi strumenti possono facilitare l’apprendimento.
Strumenti che vanno compresi, non stigmatizzati, di cui va indirizzato l’utilizzo.
Avere a disposizione un chatbot conversazionale non è diverso da avere un libro con miliardi di pagine, con un indice semplicissimo da sfogliare. Un testo dalle infinite possibilità che permette, alle nuove generazioni, di acquisire concetti, comparare informazioni, personaggi, periodi storici e soluzioni.
Chiedo ai detrattori dell’A.I., se le stesse informazioni fossero disponibili in un grande libro cartaceo, interattivo, sarebbe diverso?
È opportuno da parte mia, prima di indirizzarmi verso le conclusioni precisare, con altrettanta veemenza che il plagio, il copia ed incolla, non è mai giustificato. È necessario citare la fonte, aggiungere bibliografia e sitografia al proprio compito/lavoro, rispettare il lavoro fatto da altri.
Ma quando gli “altri” sono un entità artificiale che tipo di etica, di rapporto va instaurato?
Se io ho chiesto delle informazioni alla A.I., probabilmente ponendo più domande, sono co-protagonista di quanto realizzato? Ho indirizzato l’A.I. verso una mia necessità oppure sono solo un passivo utilizzatore?
È altresì vero che il copia ed incolla, ed anche il copia e “cambia un po’” ed incolla, esiste da ben prima di Internet, è responsabilità del singolo individuo sia durante il percorso di apprendimento sia durante il percorso professionale (dove, a parer mio, è frequentemente presente, conosco molti casi eclatanti).
Così come è giusto evidenziare che stanno nascendo strumenti di AI il cui compito è smascherare contenuti generati dalla A.I., come AI Text Classifier.
Apro un dilemma etico chiedendovi se l’utilizzo di questi strumenti di A.I. da parte dei professori per verificare l’originalità del testo è da ritenere altrettanto inopportuno.
Il punto è tutt’altro, questa generazione di servizi si stanno diffondendo, le scuole superiori e le università, come i blockbuster e le edicole (chiedo venia per il paragone), possono rimanere sulle precedenti posizioni, prima del “T0”, e secolarizzarsi, rifiutare il cambiamento, oppure cambiare strategia.
È evidente che con la diffusione di questi strumenti i compiti scritti hanno minor senso, probabilmente entro qualche anno non avranno alcun nessun senso, specie in alcune discipline.
È necessario, davanti ad un cambiamento così ampio, rivedere il paradigma, il modello di valutazione, che non può essere basato su un fac-simile del foglio cartaceo, su un qualcosa che posso facilmente ottenere, real time, da un intelligenza artificiale.
La nostra società si è talmente, e velocemente, permeata di servizi digitali da essere costretta, altrettanto velocemente, ad applicare contromisure.
Nuovi metodi di apprendimento, nuove modalità di comunicazione online, nuovi strumenti per recepire informazioni richiedono nuovi metodi di valutazione.
Non solo, gli esercizi, i compiti assegnati, devono permettere, a partire proprio da quanto generato dall’A.I. di aggiungere considerazioni personali, raffronti, indicazioni. In modo da “costringere” lo studente a ragionare in modo proprio, ad avere una visione d’assieme, a partire da quanto proposto da un agente conversazionale, non facendo finta che questa fonte intelligente non esista.
Ricordiamoci anche che le interfacce A.I. di questa generazione sono sottoposte ad “allucinazioni”, chi le utilizza può migliorarle.
Lo studente deve ampliare, correggere, rafforzare, la conversazione digitale,
non chiudersi in un mutismo analogico.
E nel frattempo? Nel frattempo, mentre vi scrivo milioni di studenti stanno chiedendo a ChatGPT o a Gemini di svolgere il loro compito, nessuno può evitarlo; alcuni di loro, nel rileggere quanto proposto dall’agente conversazionale, stanno apprendendo concetti inediti, non presenti nel loro libro cartaceo e non citati durante la lezione, altri stanno solo copiando un testo da un interfaccia ad un altra, passivamente.
Mi permetto un’ultima appendice, chiedo ai media, televisivi, online e cartacei, di smettere di associare ai servizi di A.I. il solo termine “rischio”, di iniziare a spiegare a più ampio raggio questa generazione di servizi, per usarli al meglio. Capisco che la comunicazione che “spaventa” raccoglie sempre maggior pubblico ma, a fronte ad un cambiamento così ampio, bisogna trovare nuove strategie di comunicazione; spaventare il pubblico non aiuta e non avrà effetto nel medio periodo.
Queste servizi stanno cambiando il modo di lavorare, di studiare, di comunicare tra le persone, determineranno un rapporto diretto tra persona e macchina, cerchiamo di ottenere il meglio da questi senza eccedere in derive catastrofiche, affrontiamo seriamente il cambiamento.
D’altronde è impossibile sfuggire a questo mondo 2.0.
Mondoduepuntozero
Voglio chiedere a ChatGpt che ne pensa del mio articolo … vado a conversare digitalmente …