Smartworking: il lavoro agile tramite la rete

Internet ha avuto un impatto notevole nelle nostre vite, nel nostro quotidiano, nelle nostre relazioni personali e, per molti di noi, anche nel nostro lavoro. Un impatto  impensabile appena un decennio fa.

Non si tratta di una considerazione dettata da un eccesso di fiducia  per la tecnologia, difetto evidente di questo BLOG, ma conseguenza di una costante azione di studio, dalla  raccolta di evidenze, numeriche e sociali, spesso  superiori alle nostre stesse aspettative.

Lo “smartworking”  rappresenta senza dubbio un altro, evidente, esempio del cambiamento determinato dalla rete, un esempio da raccontare.
Sciogliamo subito un possibile equivoco “smartworking” non è la traduzione letterale dall’inglese del termine “telelavoro“, se vogliamo provare a tradurre, letteralmente e velocemente,  questo termine probabilmente la definizione più corretta è quella di “lavoro dinamico” o meglio ancora di “lavoro agile“.

Non si tratta solo di delocalizzare l’attività lavorativa, di lavorare in casa, si tratta di modificarla, di introdurre nuovi elementi dinamici come la possibilità di utilizzare strumenti di videoconferenza o la condivisione di documenti e materiale multimediale tramite il cloud. Riteniamo molto valido, anche se semplicistico, il paragone tra telelavoro e smartworking  e, parimenti, quello tra telefono cellulare “ordinario” e smartphone. In entrambi i casi gli “strumenti smart” rappresentano una nuova generazione rispetto ai precedenti, una nuova modalità ubiqua, interattiva e sociale.

A dire il vero non siamo particolarmente affini al termine “smart”,  usato oltremodo nell’ultimo periodo, ma dobbiamo ammettere che i dispositivi “smart”, telefoni, tablet, ereader e personal computer  di ultima generazione, sono “gli strumenti” di riferimento non solo per comunicare e relazionarci nella nostra vita privata ma, sempre più spesso, mezzi indispensabili anche nel nostro quotidiano contesto lavorativo.
Gli “smart devices” possono essere usati in un bar, nella sala di attesa di una stazione o di un aeroporto, in biblioteca, in metropolitana o in treno, possono determinare nuove connessioni tra le persone, permettere nuove situazioni lavorative.

Il lavoro agile, o smartworking, non determina benefici esclusivamente a chi vive situazioni lavorative dinamiche, itineranti, per intenderci “da manager”, in molti casi permette, anche, di raggiungere uno scopo diametralmente opposto: ridurre gli spostamenti e semplificare il proprio stile di vita: spostarsi meno, inquinare meno, lavorare meglio.
Nel precedente articolo avevamo evidenziato come uno dei motivi del successo dei social network è dovuto all’incapacità del modello urbano di garantire facili e sicuri spostamenti, indi per cui  pur di non cadere nel traffico e di affrontare mille insicurezze si preferisce, talvolta, socializzare da casa tramite uno schermo video.

La stessa (supponiamo positiva) dinamica si sta diffondendo nel  mondo del lavoro, possiamo lavorare in team, condividere attività, postare, twittare, comunicare  e pensare “in squadra”, pur rimanendo in pigiama e  al tavolo della propria cucina. Un piccola rivoluzione, almeno sino ad oggi.

L’utente di internet, quello che noi spesso chiamiamo cyberutente, ha imparato in questi anni ad esprimersi in rete, a comunicare tramite strumenti social. Questo utente “smart” gestisce le sue comunicazioni lavorative tramite email, produce e legge documentazione digitale che, sempre più spesso, posiziona e condivide in rete tramite cloud, cerca informazioni utili per il proprio lavoro, esempi, commenti, tramite motore di ricerca o nei wiki, nei forum o in siti specializzati, si aggrega dinamicamente con persone o gruppi condividendo gli stessi hashtag.

Non ci stupisce quindi che, nel 2014, sia stata presentata alla Camera una proposta trasversale, sottoscritta da Irene Tinagli (Scelta Civica), Alessia Mosca (Pd) e Barbara Saltamartini (Ncd) proprio con l’obiettivo di supportare  e normare dal punto di vista legislativo lo smartworking.

Le nuove tecnologie applicate  al lavoro rappresentano infatti una grande opportunità, possono permettere alla persona di vivere i propri spazi e, allo stesso tempo, una coerente e dignitosa realtà lavorativa. Allo stesso tempo una società che limita gli spostamenti allo stretto necessario e fornisce strumenti che favoriscono una condivisione veloce dei contenuti è agevolata in termini d’innovazione, di pensiero, di produzione.

Ovvio che, con lo smartworking non si azzera la componente ” Vis-à-vis “ che rimane fondamentale, prioritaria. La tecnologia può però, in alcuni casi, fornire  nuove alternative lavorative, nuovi incroci relazionali.
Non ci stupisce neanche che dal 2014, con replica nel marzo 2015, il Comune di Milano ha indetto la “Giornata del lavoro Agile” proprio al fine di condividere soluzioni ed esperienze.

Ad essere sinceri non ci stupisce neppure che la proposta bipartizan prima descritta non abbia avuto seguito, e che sembra, il condizionale è d’obbligo, sia in corso di definizione una ulteriore proposta, a cura di Maurizio del Conte, docente del Diritto del lavoro, con l’apporto del premier Matteo Renzi.

Lo “smartworking” dovrà, inevitabilmente, seguire un percorso irto di ostacoli. Siamo solo agli inizi, normare “impalpabili” situazioni lavorative smart è tutt’altro che operazione facile, è necessario definire politiche di policy puntuali ed in linea sia con le esigenze del datore di lavoro, sia con i veloci cambiamenti tecnologici introdotti dalla rete e nei dispositivi, sia con le necessità operative del lavoratore “diversamente locato”.

Ci chiediamo ad esempio di chi è la proprietà di un documento posizionato in cloud, che diritti ha l’azienda che fornisce il servizio di cloud oppure l’azienda che fornisce i computer (server) dove il materiale viene posizionato, se questi diritti decadono dopo un certo lasso di tempo, se l’azienda che gestisce il cloud, o il collegamento di rete,  può analizzare la documentazione lavorativa in modo statistico a fini commerciali, se può fornire questi contenuti rielaborati a terze parti.

Ci chiediamo inoltre come sarà possibile, in una rapporto per obiettivi, tutelare il lavoratore, costruire opportune infrastrutture organizzative e gestionali, verificare il raggiungimento degli obiettivi pattuiti. Altrettanto importante garantire al lavoratore le giuste pause , una sana e opportuna alternanza tra spazi lavorativi virtuali e vita quotidiana, reale, vissuta.  Il rischio di essere “sempre collegato” e quindi sempre disponibile e sempre operativo è tangibile.

Smartworking non vuol dire lavorare sempre.

Nonostante queste perplessità e l’assenza di una piattaforma normativa lo smartworking è in forte crescita, come già dimostrato in altri articoli, dedicati a cambiamenti generati dalla rete, internet funge da iniettore, fornisce strumenti e una spinta transnazionale, specie nei casi in cui il “mondo reale” risulta fortemente carente (e questo è senz’altro uno di questi). Se la novità è accolta positivamente dalla rete il mondo reale può solo prendere atto del cambiamento.

Ad essere sinceri, statistiche alla mano, il management italiano, pubblico e privato, classe politica compresa, tranne importanti eccezioni, non ha ancora compreso le potenzialità insite in questa “piccola rivoluzione”, non è ancora pronto per valutare le proprie risorse per obiettivi,  non è abituato a motivare le proprie risorse, a maggior ragione a distanza, spesso segue un approccio conservativo, diffida delle tecnologie che usa solo per interposta persona, è più attento nel  monitorare con attenzione la presenza fisica, piuttosto che favorire l’innovazione e la crescita professionale.

Una modalità agile di lavoro può migliorare la qualità della vita e, conseguentemente incidere sulla produttività, sulla motivazione, sulla capacità di rendimento, di apprendere e innovare del singolo lavoratore.
Siamo solo all’inizio di un percorso, inedito, che seguirà l’uomo per molto molto tempo. Siamo ancora confusi sulle possibili prospettive ma abbiamo capito già che è necessario, probabilmente urgente, ripensare i modelli lavorativi in piena coerenza con le opportunità fornite dalla rete e con le richieste provenienti dal mondo del lavoro.

Concludiamo evidenziando, in un mondo del lavoro ingessato ed in forte crisi, alcune delle più importanti possibilità fornite dallo “smartworking“: l’opportunità di reclutare persone posizionate altrove, l’opportunità di assumere persone competenti ma che non hanno la possibilità di effettuare quotidiani lunghi spostamenti, l’opportunità di dedicare il proprio tempo e le proprie energie non al traffico ma al proprio lavoro, l’opportunità di condividere il materiale prodotto istantaneamente, l’opportunità di mettere a fattore comune le proprie idee “in tempo reale”, l’opportunità di creare gruppi lavorativi dinamici e transnazionali in funzione dell’obiettivo da raggiungere.

Siamo certi che molti di noi vivranno, nei prossimi dieci anni, queste nuove opportunità lavorative, lo faranno nel “nostro” Mondo 2.0.

Mondoduepuntozero

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