La trasposizione del sè, il nostro Io “social”

Uno degli obiettivi di questo blog è analizzare i comportamenti di “tipo sociale” effetto dell’utilizzo massivo dei social network, al fine di intuire le conseguenze che essi hanno sui comportamenti dei singoli e della collettività, a breve e a lungo termine.

I nativi digitali, e non solo,  viste le più recenti statistiche che parlano di un utilizzo quotidiano di internet anche da parte delle “avanzate” ed “avanzatissime” fasce d’età, raccontano tutto di sé in rete: emozioni, fotografie, video, commenti personali, anche “forti” e talvolta inopportuni relativi ad interessi, persone politica, sport, società, amici, lavoro, studio …

Parafrasando un famoso spot “la rete è il posto dove è possibile comunicare senza limiti”, dove è possibile acquisire una nuova identità virtuale, nei casi migliori per esprimere se stesso, nei peggiori per offendere senza essere riconosciuti.

Oltre l’uso, opportuno o inopportuno, inevitabile per tutti gli strumenti di massa, il punto verso cui porgere la nostra attenzione è proprio nella possibilità di esprimere se stesso, oppure un altro sè che si vorrebbe essere.

Una nuova identità virtuale, più o meno distante da quella reale, che poggia su una trama di relazioni spesso anch’esse nate in rete, persone che appartengono o non appartengono al nostro mondo reale con cui amiamo relazionarci costantemente e velocemente.

Questa necessità di raccontare e di comunicare, evidente anche in questo mio blog dove io sono Mondoduepuntozero, di fatto un “altro me“, ritengo sia frutto della nostra tribale esigenza di stringerci attorno al fuoco, di fare parte della comunità in modo attivo e non solo come spettatori silenti e passivi.

Terminata questa breve introduzione ritengo importante, quando si parla di “nuove tendenze”, cercare riflessioni, speculazioni non recenti, teorici che hanno saputo anticipare, tracciare, immaginare dinamiche ad oggi evidenti. Ci sono uomini che lo scorso secolo hanno capito cosa sarebbe successo oggi, proprio il contrario di chi, pur vivendo oggi, non riesce a superare i modelli stantii del secolo scorso.

Tra gli “anticipatori” troviamo i francesi Michel Maffesoli e Bernard Cova in grado di segnalare questo bisogno tribale di “essere comunità” già a partire da fine anni ottanta e novanta, nel pieno di un periodo da loro considerato “individualistico” dove, aggiungo io, PIL, indici di borsa e dimensioni delle nostre auto sembravano destinati solo a crescere.

Vi consiglio questo breve estratto da un seminario di Bernard Cova dove viene affermata la necessità di essere parte del gruppo, anche per un brevissimo arco di tempo, anche in modo estemporaneo. Interessantissimo l’esempio proposto, la partecipazione ad un flash mob, in cui il singolo diviene per tre lunghissimi minuti, in modalità “frozen“, parte integrante di una nuova emozionante forma di espressione, in questo caso il fenomeno avviene nel mondo reale, ma la rete ne è comunque co-protagonista in quanto ne permette prima la realizzazione, tramite un rapido tam tam, e poi la diffusione globale, ad esempio tramite Youtube, Facebook e Twitter.

Altrettanto interessante la monografia, scritta da Michel Maffesoli, intitolata “Il tempo delle tribù. Il declino dell’individualismo nelle società postmoderne” .

Entrambi analizzano le nuove comunità in termini di consumi, studiano le influenze che queste nuove aggregazioni sociali possono avere nel nostro stile di vita, in concorrenza con gli altri modelli già esistenti.

La trasposizione del proprio sè in rete è probabilmente un evento conseguente alla mancata possibilità di partecipare in modo attivo alla vita sociale, all’indifferenza che i precedenti media avevano dello spettatore, ai limiti comunicativi insiti nei modelli sociali che hanno caratterizzato la seconda metà del secolo ventesimo.

A dir la verità già i telefoni cellulari, presenti nelle nostre vite a partire dalla seconda metà degli anni novanta, avevano evidenziato la nostra grande necessità di comunicare. Ma i nuovi media sono qualcosa di più perchè permettono di comunicare nello stesso instante con tutta la nostra rete di conoscenza, di farlo in modo immediato, tematico, ed anche, cosa non da poco, di non dover pagare fisicamente ogni azione “di contatto” come succedeva con telefonate ed SMS. Allargare i confini della propria comunità non costa nulla più di quanto inizialmente previsto e pattuito.

Anche gli strumenti sono diventati più semplici, oggi sono disponibili chat veloci e semplici da utilizzare che permettono di condividere emozioni e situazioni, anche con l’aggiunta di fotografie e innesti vocali, con costi d’uso vicini alla zero.

Personalmente uso WhatsApp , un applicazione messenger semplice ed efficace, gratuita per il primo anno d’uso (questa si che è una proposta al passo con i tempi!) , disponibile nei successivi anni ad un costo una tantum veramente irrisorio.

Più gli strumenti sono gratuiti, facili da utilizzare, integrati nei vostri dispositivi, più crescerà la vostra comunità di conoscenze e la vostra voglia di condividere in rete quello che vi sta succedendo, scoprirete presto che i vostri indici (intesi come dita delle vostre mani che si muovono su una tastiera) possono essere molto più veloci del vostro agire quotidiano…

Quello che sta succedendo, e che forse nessuno pensava potesse accadere, almeno in questi termini, è la presenza di uno spazio virtuale personale per ognuno di noi, utilizzato quotidianamente, molte volte nell’arco della giornata, in cui avviene l’esposizione pressochè completa del proprio sé. Una combinazione, opportunamente miscelata, di elementi virtuali ed elementi reali.

I nativi digitali, i più giovani utilizzatori, seguono un altro importante principio che crea ulteriore distacco tra questi mezzi e quelli del “secolo scorso”: la pari dignità tra amici “reali” ed amici conosciuti in rete, verso i quali azzerano ogni diffidenza.

Ovvio che fenomeni così nuovi, radicali possono determinare delle forti distorsioni, in termini di contenuti, di sicurezza, di privacy. D’altronde chi, nella vita reale, non è stato deluso da un amico o non ha vissuto, direttamente o indirettamente, rapporti interpersonali burrascosi? La rete non è altro che una diversa proiezione della società reale, con analoghe criticità, situazioni di pericolo e distorsioni.

Non mi addentro, se non brevemente, sul dibattito, da tempo aperto da alcuni “tuttologi” su quali contenuti della rete siano da considerare “accettabili”. Ritengo diritto di ognuno di noi, purché nel pieno rispetto del prossimo, dire la propria.

Di sicuro è difficile dire oggi cosa di questo fenomeno diverrà cultura e cosa spam (immondizia virtuale) … lo scopriremo nel corso degli anni a venire.

In conclusione possiamo dire che il modello sociale del ventesimo secolo riduceva le opportunità aggregative a causa delle sue enormi contraddizioni e carenze “progettuali”, la monodirezionale offerta televisiva, l’aumento della piccola criminalità, la grande difficoltà di spostamento nei grandi centri urbani, ecc…

La rete ha colmato alcune di queste carenze permettendoci di essere noi stessi (ed anche qualcun altro), di interagire in contemporanea in diversi contesti, di essere presenti, veloci, attivi, di fare gruppo, in sintesi di fare di nuovo quattro chiacchiere attorno al fuoco, fornendoci anche il dono (virtuale) dell’ ubiquità.

L’utilizzo costante dei dispositivi mobili connessi in rete sta, giorno dopo giorno, assottigliando il confine tra mondo reale e virtuale. Il mondo virtuale sostituisce quello reale in tutti gli aspetti in cui questo è cronicamente carente. La rete è la maschera ad ossigeno, inutile quando c’è aria respirabile, fondamentale alternativa quando siamo in stato di “apnea sociale“.

Speriamo che questi due universi, un po’ come le nostre numerose personalità in rete, trovino in futuro un prezioso equilibrio.

Mondoduepuntozero

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