Internet e i diritti umani

Prendiamo spunto da un recente  articolo del “The Guardian“, articolo che evidenzia un “dramatic slowdown” nella diffusione di Internet sul nostro pianeta.
Internet nell’ultimo lustro non ha mantenuto i trend di diffusione degli anni precedenti.

Eravamo in pochi a collegarci alla rete, siamo diventati molti, moltissimi, e poi?
Gli altri tre miliardi perché non si collegano?

Una mancata crescita che apre interessanti riflessioni socio-economiche.

Internet è uno spazio virtuale, autopoietico, caratterizzato da precisi confini, che affiancano il nostro “vecchio” mondo.
Gli spazi e i contenuti digitali effettuano una costante pressione verso il mondo reale.
Una forza vettoriale che mette a fattor comune social network, chat, website, Google, … strumenti digitali che ci coinvolgono, ci invitano sempre più  spesso a collegarci, a cybercomunicare , a cercare informazioni in rete.

I numeri presenti nell’articolo dimostrano come questa pressione non avviene ovunque nello stesso modo e con la stessa intensità e rapidità.

Questa inversione di tendenza non dipende solo dalla mancata connettività, la mancanza della fibra, del  collegamento alla rete o di tecnologie mobili, non è l’unico motivo di questo “drammatico rallentamento”.  A nostro parere gli aspetti tecnologici sono in buona parte secondari. Siamo di fronte ad un confine sociale che la rete non riesce a superare.

Fattori  come emarginazione, disuguaglianza economica,  mancato rispetto dei diritti umani agiscono da barriera:

  • Dove non è consentito leggere, imparare, studiare, non è facile intuire l’utilità della rete.
  • Dove è presente una forte emarginazione sociale Internet non è una priorità.
  • Dove il lavoro, per orari e ritmi, è più simile ad una schiavitù, Internet non è una possibilità.
  • Dove la condizione femminile non è paritaria, dove purtroppo le donne non hanno alcuna voce in capitolo,  non è affatto facile condividere tramite chat e social network.

Condizioni sociali ed economiche, fattori che vanno ad incrociarsi con la rete. Internet universo ad accesso libero diventa, involontariamente a dire il vero, una spia della mancata diffusione di diritti umani. Un indicatore sociale, indiretto, di povertà e sofferenza.

Concordiamo con l’enfasi utilizzata dal “The Guardian”, è un “dramatic slowdown” di ampiezza globale.  Siamo meno concordi invece sui numeri e sui grafici proposti nell’articolo, percentuali nazionali che non rappresentano appieno questo rallentamento.
Internet è un universo che non segue i confini territoriali nazionali.
Non a caso i legislatori sono in grave difficoltà nel creare un sistema di tassazione del web nazionale.

Gli indicatori sociali forniti da Internet, preziosissimi, sono da proporre tramite una mappa simile a quella delle previsioni meteo, con toni di colore diverso a seconda delle zone, in modo da identificare i luoghi con maggiore criticità sociale.
Ad esempio nei centri delle grandi città, anche nei paesi più poveri, internet si diffonde. Non accade altrettanto nelle periferie o nelle campagne. E come detto non è sempre un problema di connettività.

C’è un digital divide che conosciamo e che abbiamo approfondito molte volte: alcuni di noi, spesso non più giovani, non hanno le capacità per apprendere la rete, e scelgono di non utilizzarla. Pazienza, non dobbiamo per forza essere tutti in rete.
Da oggi siamo consapevoli che esiste una diversa tipologia di digital divide, una “impossibilità digitale”, dovuta al mancato rispetto dei diritti umani, al mancato riconoscimento delle condizioni di vita basilari. Queste condizioni privano l’individuo della necessità di comunicare e informarsi.

Così, quasi per caso, Internet diventa un indicatore che permette di realizzare una dettagliatissima “mappa delle ingiustizie” globali.
Internet è un amplificatore sociale non solo di tendenze, ingiurie,  video e hashtag: la mappa degli accessi alla rete descrive in modo puntuale la distribuzione della ricchezza e dei diritti umani sul nostro pianeta.
Internet non è la soluzione, ma la spia della presenza di storie drammaticamente complesse.

Non tutti, purtroppo, possono scegliere di vivere  in un Mondo 2.0.

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