Gangnam style e i due miliardi di contatti su Youtube

La rete offre, oggi,  materiale digitale, video, audio, facilmente ricercabile, selezionabile e sempre a nostra disposizione. Questa “offerta digitale” supera e stravolge il precedente modello di consumo di tipo “broadcast”  ovvero “uno a molti“, proposto dai mezzi di comunicazione di massa del ventesimo secolo.

Modello dove un attore o una società/azienda/istituzione, che gestisce il media, propone/diffonde unilateralmente contenuti video o audio verso i propri spettatori: uno modello con un “trasmettitore” e numerosi “riceventi“.

Nel precedente “modello 1.0“, dominato dalla radio e in particolare dalla televisione, lo spettatore può al massimo cambiare canale, scegliere quindi quale fonte visualizzare ed ascoltare, ma non ha, tranne rarissimi casi, un ruolo attivo.

L’unilateralità insita in un sistema di questo tipo ha numerosi limiti, uno dei quali è l’impossibilità di affermare con certezza quale proposta è la più gradita dai (tele)spettatori,  se non tramite simulazioni statistiche su un campione di spettatori (indici di ascolto).

Internet, nell’ultimo decennio, ha rovesciato completamente questo modello di comunicazione mettendo al centro di tutto l’utente, protagonista in prima persona.

Oggi ogni utente può scegliere cosa visualizzare o scaricare, può partecipare in modo attivo pubblicando un suo video, oppure commentare o ancora veicolare verso amici, nel proprio spazio, quanto di suo interesse.

Siamo passati da in modello “uno a molti” seppure offerto da diverse e antagoniste fonti, ad un modello “molti a molti” di tipo interattivo, partecipativo e, come si dice in gergo, in tempo reale, cioè in grado di recepire immediatamente ogni giudizio e ogni azione espressa dagli utenti.
Youtube, ad esempio,  lo strumento più diffuso per la visione  di brevi video, ha raggiunto l’interesse globale dei cyberutenti grazie a caratteristiche come semplicità, immediatezza d’uso, gratuità, nessuna (o quasi) barriera d’ingresso e alla capacità propositiva nel suggerire contenuti analoghi o attinenti.

Anche in questo caso, come per altri strumenti social, la rivoluzione è avvenuta inizialmente dal basso,  a partire dagli utenti, in poco tempo, mesi, youtube è diventato uno strumento sociale utilizzato da tutti: utenti, comunità, istituzioni, …

Più o meno contemporaneamente si è diffusa, tramite la rete, la possibilità di scegliere in prima persona il materiale digitale: cosa ascoltare, cosa acquistare, cosa scaricare: film in streaming, tracce musicali, video musicali, …. Anche in questo caso il modello “pay per view” o in abbonamento o, semplicemente, “view” se il materiale è completamente gratuito, ha completamente sovvertito il modello precedente, in cui lo spettatore era praticamente passivo. Di fronte a questo epocale e rapido cambiamento intere catene di vendita/affitto di materiale digitale, come “blockbuster“, si sono estinte come dinosauri.

È evidente come le caratteristiche di immediatezza, d’uso e di reperibilità dei contenuti, fornite da strumenti come Youtube,  e da APP sempre a “portata di mano” come “Jango” o “Spotify” (per l’ascolto di materiale musicale)  hanno accelerato questo fenomeno di “erosione del palcoscenico“, prima ad uso esclusivo di media come televisione, radio, cinema. Tutto è avvenuto molto velocemente.

Trovo particolarmente singolare anche il fatto che chi raggiunge la popolarità, nel mondo reale, nello spettacolo, nella politica, nello sport, quindi è già popolare nei “precedenti” media devi assolutamente  essere presente anche nel cyberspazio, proprio perché questi strumenti, sociali e globali,  sono oramai decisivi nel determinare la popolarità di un singolo o di un brand, specie tra le nuove generazioni che, al contrario delle precedenti,  “scelgono“.

Dopodiché emerge l’altra grande differenza tra il modello “broadcast” del ventesimo secolo  e il modello “multicast” del secolo  attuale, la possibilità di verificare l’effettivo interesse degli spettatori, protagonisti quindi non solo nel partecipare, ma finalmente “arbitri” e quindi in grado di indicare, con un semplice click, il proprio gradimento.

Giunti a questo punto, seguendo quanto detto, in uno spazio così efficiente, globale e partecipativo, il video più clikkato su Youtube deve essere qualcosa di altrettanto eccezionale. Non è proprio così.

Il video che ad oggi risulta più visto in assoluto su Youtube, primo con enorme distacco ed oltre due miliardi (!!!!) di visualizzazioni e oltre cinque milioni di commenti è “Gangnam STYLE“.

due_billions

Cosa dire, uno strumento sociale partecipativo di tipo globale, raggiunge l’apice dell’interesse offrendo un prodotto semplice, alla portata di tutti,  divertente,  caratterizzato da balletti semplici, facilmente replicabili, da stereotipi simpaticamente forzati, e da un motivo sonoro che fa fatica ad uscirti dalla testa.

Una sorta di concentrato di colori, banalità e simpatia. Una storia simile a quella della Lambada, della Macarena, di Aserejé, un successo deciso dagli utenti e amplificato  dalla rete. A dimostrare l’apertura fornita dalla rete gli oltre otto milioni di “mi piace” e, a naturale contrasto,  il milione di giudizi negativi ricevuti dal video.

Questo caso dimostra il ruolo che la rete ha verso i propri utenti, e di come la platea disponibile nel cyberspazio sia veramente molto ampia (direi che, in questo caso, il termine “tutti” è estremamente opportuno).

Mi preme evidenziare come, su YouTube,  i video musicali hanno una maggiore possibilità di essere selezionati, in quanto l’utente tende a sentire più volte il “motivetto” del momento, mentre i video non musicali sono in genere visualizzati una sola volta.

Ovviamente non tutti i video pubblicati hanno uno spirito  ludico, dissacrante o divertente,  la diffusione in rete di filmati video ha permesso azioni di denuncia sociale, di sensibilizzare e coinvolgere l’opinione pubblica e ha permesso, soprattutto, di diffondere, di informare.

In pochissimi anni, in meno di un decennio, siamo passati da un modello estremamente rigido, broadcast, veicolato da gerarchie di diffusione inflessibili e da logiche di pieno controllo della comunicazione, al modello opposto, multicast, privo di regole, aperto a ogni tipo di contributo al punto di essere espressione caotica del mondo reale, “somma di tutti i click e i giudizi”.

Probabilmente il nostro futuro sarà on-demand, in streaming, multicast e di tipo partecipativo (dopo questa frase sento l’urgente necessità di scrivere un articolo sul nostro lessico che cambia, a causa della rete).
Inevitabile, ma non insanabile, la frattura tra gli spettatori passivi del “prima” e gli utenti protagonisti del “dopo”.

Solo il tempo dirà se sarà possibile trovare un equilibrio  tra eccessiva passività e possibilità di scegliere, tra illimitata disponibilità, irrazionale condivisione e razionalizzazione dell’entropia.

Mondoduepuntozero

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